Critica: Paolo Naldi, Sindrome di Medea, di Marco di Mauro

Square

La pittura di Paolo Naldi esprime il disagio di una generazione che, persa ogni fiducia nei rappresentanti delle istituzioni, avverte l’ostilità e la perversione di un sistema politico-economico che ha conquistato il mondo. A questo disagio se ne affianca un altro, più profondo e più oscuro: è l’angoscia esistenziale dell’uomo contemporaneo che si sente annegare nel vuoto. Paolo Naldi, tuttavia, non si abbandona alla facile depressione, ma rappresenta una società che reagisce, in un sistema politico che inizia a vacillare e trova nella repressione l’unica strategia per resistere. I fantasmi del G7 di Genova, delle rivolte operaie di Pomigliano, delle lotte contro la discarica di Chiaiano si materializzano sulle tele di Naldi per manifestare, con brutale evidenza, la propria tragicità. La morte, rappresentata come uno scheletro avvolto in un mantello rosso, diventa l’attributo iconografico delle forze dell’ordine, che non sono più a tutela dei cittadini, ma a tutela di uno Stato avulso dalla società civile. Altro soggetto frequente sono i writers, che esprimono il proprio dissenso sui muri di periferia, utilizzando un linguaggio pop di frontiera, che diventa parabola delle narrative celate dietro una comunicazione sempre più massiva e globale. Paolo Naldi comunica attraverso una pittura fortemente realistica, in cui l’oggetto della rappresentazione è in primo piano, mentre il fondo viene sfocato come in una fotografia istantanea. Proprio la simulazione della fotografia esprime la volontà di saldare il tradizionale binomio arte-vita, ritraendo le figure nel proprio ambiente reale, laddove ancora si respirano gli umori di un’esperienza vissuta.

Marco di Mauro

Paolo Naldi, Sindrome di Medea, personale a cura di Marco Di Mauro, Villa Bruno S. Giorgio a Cremano (Napoli), 2013

Facebook
Facebook
INSTAGRAM
Twitter
LINKEDIN
Follow by Email